La storia del faro, il “fanale” di Vada

Già nel medioevo era stata piazzata una specie di segnalazione diurna ad avvisare la presenza delle secche.

Nel 1865 a 4 miglia a Ovest dalla Punta del Tesorino, la Regia Marina fece costruire una prima infrastruttura su una scogliera riportata in punto in cui il fondale era di appena 2,5 metri; la cosiddetta “gabbia” altro non era che un traliccio metallico con all’apice una lanterna a sezione ottagonale con due stanze per il fanalista.

Infatti, fino al 1922, anno in cui entrò in servizio l’accensione automatica, la “gabbia” era abitata dai fanalisti che si alternavano a due a due con turni di 15 giorni di servizio e 15 di riposo a terra. Giovanni “Nanni” e Bruno Quintavalle, padre e figlio, furono gli ultimi fanalisti. Bruno nacque nel 1911 mentre suo padre si trovava in servizio e alcuni amici pescatori partirono in barca per dargli la lieta notizia.

La vita era dura su quello scoglio, esposti ai repentini mutamenti del mare e pure alla solitudine: Giovanni visse anche l’infausta “avventura” di vegliare per tre giorni il corpo del collega deceduto d’infarto poiché le condizioni meteo non permisero ai soccorsi di arrivare prima.

Nel 1959 la vecchia “gabbia”, che già dal ’22 quindi non necessitava più dei guardiani, venne definitivamente sostituita dall’attuale faro in cemento, dipinto in nero con la fascia centrale rossa a significare “segnale di pericolo isolato”.

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Foto gabbia: www.lungomarecastiglioncello.it da Arch. Graziano Lambardi

Foto faro oggi: Bolle d’Azoto Associazione Sportiva Dilettantistica